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Areantica, a Bari un’associazione con più di 500 strumenti popolari antichi

Areantica, a Bari un’associazione con più di 500 strumenti popolari antichi

 

 

Ci sono lo schetavajàsse, il putipù, il ciòle, il tamburo utilizzato dal mitico Piripicchio e la tromba di San Giovanni che veniva suonata a Bari Vecchia il 24 giugno. Questi sono alcuni degli antichi e curiosi strumenti musicali tradizionali conservati da “Areantica”, un’associazione fondata nel 1992 dall’esperto di etnomusicologia Nino Blasi. Il signore, oggi 67enne, ha raccolto nella sua sede più di 500 strumenti, reperiti in mercatini dell’antiquariato o fatti costruire appositamente dai pochi artigiani ancora in grado di realizzarli.

«Si tratta di gioielli che venivano usati in passato per accompagnare canti e balli durante eventi civili e religiosi – afferma Nino–. Manufatti che oggi, tranne in qualche rievocazione o spettacolo a tema, raramente vengono rispolverati. E così, dato il loro scarso impiego, stanno rischiando di scomparire per sempre. Per questo ho deciso trent’anni fa di fondare Areantica, con lo scopo di ricerca, divulgazione e condivisione di questo grande patrimonio tradizionale».

Spesso infatti l’associazione organizza delle mostre in cui espone e spiega la storia di ogni singolo strumento.

Le troccole, il cui suono viene prodotto dalla vibrazione dei materiali con i quali sono realizzate. La prima, costruita nel 1993 da un artigiano di Noicattaro, è composta da due asticelle di legno unite alla base da una cerniera con rotella che, strisciando, provoca rumore. La seconda invece è formata da una tavola rettangolare su cui sono inchiodate coppie di maniglie che, una volta impugnate, la fanno ruotare energicamente facendo sbattere gli inserti in metallo.

«Questi strumenti, compresa la raganella, il cui nome deriva proprio dall'effetto stridente simile al gracidio delle rane - sottolinea Blasi -, venivano utilizzati durante i riti del Venerdì Santo a Noicattaro in alternativa alle campane, per avvertire i fedeli che la processione era in procinto di passare».

Azzebbànne, storpiatura dialettale dall’americano “One Man Band”: un tamburo che può definirsi una vera e propria orchestra itinerante suonata da una sola persona. Usato anche da Piripicchio, il leggendario artista di strada pugliese, permette di percuotere lo strumento anche usando gli arti inferiori, grazie a delle corde legate alle caviglie del suonatore.

«Non se ne trovano più in commercio – sottolinea Nino –. Questo in particolare sono riuscito a reperirlo in un negozio di Bari nel 1997: fu un vero e proprio colpo di fortuna».

Osserviamo ora più da vicino le trombe, tra cui quella di San Giovanni formata da uno sottile strato di lamiera ricoperta di stagno su entrambe le superfici. Veniva così chiamata perchè utilizzata nel corso dei festeggiamenti del Battista a Bari Vecchia, ogni 24 giugno. Secondo la tradizione bisognava infatti fare molto fracasso così da svegliare il santo "addormentato" da tre giorni.

La tromba di San Pietro invece, in terracotta, affonda le sue origini intorno all’anno Mille, quando a Grottaglie si stanziò un gruppo di ebrei che ogni 29 giugno festeggiava l’arrivo dell’estate. Un’usanza giunta fino ai giorni nostri: nel paese della ceramica si usa ancora suonare lo strumento come omaggio ai Santi Pietro e Paolo, per poi distruggerlo alla fine della festa per scacciar via i cattivi presagi.

Tra gli altri strumenti a fiato abbiamo poi il corno Grecanio che veniva suonato in Salento durante le battute di caccia o nelle processioni di Pasqua. Oltre alla classica zampogna natalizia, composta da alcune canne da cui fuoriesce il suono, affiancate da due flauti, detti rispettivamente “dritta” e “manca”. Con il primo si esegue l’armonia principale, mentre il secondo l’accompagna con i toni bassi.

Particolare è poi lo scetavaiasse, formato da due bastoni di cui uno dentato e arricchito da sonagli: permette una particolare scansione ritmica attraverso lo sfregamento dei pezzi di legno. Entrambi venivano utilizzati nel corso dei pellegrinaggi a Monte Sant’Angelo, quando attorno al fuoco si intonavano canti e si improvvisavano balli.

Il Ciòle invece rientra nei giocattoli sonori. Apparentemente elementare, è fatto con un bastoncino di legno, due fili e una noce. Il suo nome deriva dal termine dialettale utilizzato per indicare il corvo, uccello che sosta spesso sulla parte superiore del campanile di Casamassima, città natale dell’oggetto.

E infine il Putipù, nome pugliese dato a un tamburo a frizione costruito con un contenitore cilindrico in creta con funzione di cassa acustica. Sormontato da una membrana, vibra mediante una canna fissata nel centro sollecitata dalla frizione del pollice e dell’indice.

Uno strumento costruito dallo stesso presidente che, una volta inumidite le sue dita, lo suona per noi, facendoci viaggiare nell’antica musica popolare pugliese.







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