Andrea Da Cortà, il liutaio del Cadore
Strumenti ovunque. Arpe, fisarmoniche, mandolini, violini. E non potrebbe che essere così nella casa di un liutaio, compositore e musicista folk. Uno che all'accademia ha preferito macinare km in autostop per raggiungere i festival folk di mezza Europa. Per capire, imparare il sapore, registrare esperienze e tradizioni.
Andrea Da Cortà, 54 anni, è uno degli ultimi custodi della cultura ladina, uno dei guardiani del cuore del Cadore autentico. Musicista, ricercatore, liutaio, anima del gruppo Al Tei, e di molte avventure musicali nel segno della riscoperta della musica folk della montagna veneta. «Ma non è semplice archeologia industriale - spiega indicando i suoi strumenti - oggi la tradizione è quanto mai contemporanea. E, in tempi così difficili, sta rappresentando una risposta. La riprova? Il nostro Cadore si sta ripopolando di persone che ritornano, o di chi qui si ferma e getta nuovi semi». Quando ha costruito il primo strumento? «30 anni fa. Ma ho iniziato con la liuteria perchè avevo bisogno di strumenti per la mia ricerca musicale e non ne trovavo. Il primo è stata una piccola arpa, che ad oggi resta il mio strumento d'elezione. Non ho appreso nella bottega di un liutaio, ma conoscendo moltissimi compositori, approfondendo modi e tradizioni nei maggiori festival folk d'Europa».
Composizione e ricerca oltre alla costruzione sono sempre andati di pari passo. «Si, il folk non si impara a scuola o in bottega, ma con le esperienze della vita. È questo tipo di aspirazione che mi ha spinto a fare anche duecento km in autostop per andare a sentire uno sconosciuto musicista scozzese che suonava in centro Italia.. e così ho costruito il mio personale bagaglio di esperienze».
Dall'iniziale studio del repertorio celtico, è poi passato ad un lavoro di riscoperta del patrimonio cadorino e dolomitico anche con i gruppi Al Tei (il tiglio) e oggi con l'ensemble Na Fuoia (una foglia) e La compagnia del Bel Bambin, ma anche con esperienze quali l'Orchestra popolare delle Dolomiti. «Da una decina di anni mi occupo quasi esclusivamente della tradizione locale, e tutte le mie registrazioni riguardano questo tipo di ricerca. La musica ladina e cadorina è un patrimonio di grandissimo interesse, che solo in parte abbiamo potuto proporre al pubblico». Una delle recenti esperienze musicali è l'Abecedario cadorino.
«A Pieve di Cadore e in tutto il centro Cadore si sta radunando una comunità di figure che hanno a vario titolo un ruolo nella cultura locale. Ogni anno, insieme, questo gruppo affronta una lettera dell'alfabeto che decliniamo in danze, musiche conferenze, visite e, se necessario, concerti. Gli incontri si svolgono in case private, laboratori, chiese, luoghi di valore storico. Io ho collaborato come ospite in alcuni progetti come ad esempio quello dedicato alla Manfrina, un'antica danza».
Quindi il Cadore pare stia conoscendo negli ultimi anni un vero risveglio culturale. «Forse indotto da necessità, ma anche da consapevolezza, c'è un ritorno al cuore del Cadore. Molti giovani credo stiano comprendendo l'importanza di un approccio alla vita più lento e moderato». Come organizza la sua attività di liutaio? «In genere lavoro in primavera ed estate. Ma non antepongo mai l'attività di costruttore a quella di musicista. Negli anni ho costruito circa 100 strumenti ma sono molto attivo nel restauro di strumenti antichi come, ad esempio, le fisarmoniche». Oltre che esecutore, è compositore di musica. Quasi un punto di riferimento per le melodie tradizionali di questa zona del Bellunese. «Cerco di mettere qualche punto fermo. Con la ricerca, i dischi ma soprattutto i laboratori e le lezioni per bambini in molte scuole del Veneto. Inoltre da alcuni anni tengo una cattedra di musica Folk alla Scuola di Musica Miari di Belluno. Molti anni fa ho scelto di vivere in questi luoghi e di raccontarli in musica. E mi dà gioia che oggi sempre più persone stiano raccogliendo il richiamo verso il cuore del Cadore».